E' presente in tutto il mar Mediterraneo, è simile al cefalo comune, ma è leggermente più sfinato e presenta una macchia dorata piuttosto marcata sull'operocolo branchiale. Esso, chiamato anche "lustrino" o "gargia d'oro", non è che abbia carni più pregiate rispetto alle altre specie di cefali, ma rispetto ad esse, evita sia le acque con salinità troppo bassa che quelle troppo sporche, e si sposta continuamente, evitando di rimanere stanziale nei porti. Questo fa si che le sue carni non abbiano sapori sgradevoli, dovute al filtraggio delle acque poco pulite dei porti o acque melmose delle foci. Addirittura, se pescato in zone con acque particolarmente limpide, molti pescatori lo preferiscono ad altri pesci solitamente più pregiati.
La pesca al cefalo dorato è praticata negli stessi luoghi dove è possibile trovare anche il cefalo comune, ma come detto in precedenza, salvo eccezioni, le acque dovranno essere particolarmente pulite.
All'interno dei bacini portuali, per pescarlo, useremo canne fisse dai 6 ai 9 metri a seconda della profondità dell'acqua e useremo monofili sottilissimi, con terminali 0,08 - 0,10, galleggianti ipersensibili da 1 grammo e ami compresi tra il 14 e il 18. Ciò perché le tocche del cefalo dorato sono davvero impercettibili, quindi pescando in questa maniera, faciliteremo l'affondamento del galleggiante anche alla minima mangiata.
Per quanto riguarda le esche possiamo usare con successo la polpa del gambero o quella della sardina. Ottimo anche il classico fiocchetto di pane e la tremolina di fango.
Nel recupero ci darà filo da torcere, perché il muggine dorato è un grandissimo combattente e guadinarlo con lenze leggerissime non sarà cosa facile. Questa sportività che si crea nelle fasi di recupero è ciò che fa amare così tanto questo tipo di pesca.
Consulta anche: Cucinare il cefalo
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